Partecipai alla Primal per la prima volta nel 1994 a Poona, in India, nell’ashram di Osho. Si trattava di un gruppo catartico di 10 giorni, estremamente intenso, teso ad esplorare l’infanzia e i suoi esiti nella personalità e percezione del mondo del partecipante. Fuori dalla struttura di lavoro dovevamo stare in totale silenzio e seguire regole precise, tra le quali praticare tre meditazioni al giorno.
Fu un lavoro introspettivo potente ma iniziai ad amare questa tecnica solo assistendo, traducendo e partecipando ai gruppi di Premartha e Svarup, che poi diventarono i miei insegnanti. Il livello di profondità, umanità ed intelligenza con cui hanno sempre proposto i loro gruppi, nonché sviluppato la tecnica, ha pochi pari nel mondo delle terapie “alternative”. Nel loro modo di insegnare c’era uno spazio di trasmissione che andava oltre il puro insegnamento nozionistico e spingeva ad usare l’intuizione e lo spazio meditativo quanto la tecnica.
Con il tempo ho imparato ad integrare in questo lavoro tutto quello che apprendo nel mio processo di studio infinito, a partire dall’incredibile meditazione del cuore per cui è stata mia insegnante Leela Lovegarden. La meditazione del cuore è uno strumento profondo di accettazione di sé, in cui si impara a creare spazio per i sentimenti che tendiamo a reprimere e compensare dall’infanzia, come dolore, vergogna, paura e rabbia. Il maggiore spazio interiore si traduce in una tendenza a non reagire in modo automatico e comprendere profondamente gli eventi che hanno determinato il nostro modo di essere. Ci rende inoltre più intelligenti, silenziosi, introspettivi, creativi nel rispondere al mondo.
Poiché Primal e Childhood Deconditioning (il percorso individuale, mentre la Primal è un percorso di gruppo) ci conduce in un lavoro meditativo di osservazione retrospettiva del passato, fa emergere molte ferite relative alla nostra educazione. Il lavoro con e attraverso il chakra del cuore, fornisce la possibilità di integrarle ad una velocità e con una efficacia altrimenti impensabili. Non trattandosi di psicoterapia o terapia, ma di pura introspezione, questa esplorazione viene interamente gestita attraverso gli strumenti elettivi della meditazione: spazio, centratura, compassione, accoglienza, intelligenza, intuizione, presenza. Lentamente il partecipante fa suoi questi strumenti e li integra nel suo nuovo modo di essere adulto, che non è più soltanto l’esito di una storia passata o l’apprendimento automatico di modelli dagli adulti della sua infanzia. Si stabilisce un solido terreno per la autogestione dei momenti difficili e un senso generale di maggiore empowerment, conoscenza di sé e visione allargata del mondo. Lavorare con il bambino interiore, infatti, è anche un viaggio di riscoperta e recupero doni meravigliosi con cui siamo nati e le qualità essenziali che manifestavamo prima di ogni condizionamento famigliare e culturale. In questo senso è quindi anche una possibilità di ricollegarsi alle nostre risorse, talenti innati, vitalità profonda, tutte cose che possono essere state duramente colpite da traumi, divieti o semplicemente scoraggiati in modo più o meno aggressivo o manipolativo.
Grazie alla scuola Ridwan di Almaas da cui sono stata accettata e dove frequento il primo anno online, sto apprendendo che ogni stato interiore è una porta verso una fonte inesauribile, transpersonale ed infinita, che è in noi a prescindere da ogni avvenimento che abbiamo attraversato. La teoria dei buchi di Almaas è perfettamente compatibile con la mia visione della Primal. Il lavoro ininterrotto su noi stessi, la pratica continua della presenza, ci permettono di usare le nostre ferite infantili come finestre. Già la possibilità di vedere la ferita come uno spazio attraversabile all’interno della corazza della personalità, cambia la gestalt della nostra esistenza. Attraverso le nostre feritoie entriamo in uno spazio difficile ma squisitamente vero ed umano. Il coraggio di rimanere presenti nonostante la vulnerabilità, che è un pilastro anche della meditazione del cuore, ci porta ad andare ad un livello ancora più profondo, quello dell’essere, attraverso un processo di svelamento potenzialmente infinito.
L’essere ha delle caratteristiche che possiamo vedere come qualità essenziali o stati essenziali, con caratteristiche universali. La più nota, almeno in Occidente, è l’Amore. Da questi stati essenziali possiamo saltare direttamente a stati di presenza universale, ma qui preferisco fermarmi in quanto entriamo in uno spazio misterioso ed essenzialmente esperienziale, legato alla meditazione.
Vediamo dunque che un processo di Primal può servire in moltissime direzioni, una delle quali, ma non l’ultima, è venire a patti con la nostra storia personale per vivere in modo più libero e risolto, l’altra è aprire una porta sulla nostra vera natura.
Questo processo, normalmente svolto in 10/12 sessioni individuali, è quindi consigliato a chi “vuole stare meglio”, ma soprattutto a coloro che non si sono mai accontentati di una visione superficiale del mondo e sono alla ricerca costante di risposte, probabilmente proprio dalla prima infanzia. Partecipare in gruppo o individualmente ad un percorso di Primal crea un prima e un dopo nelle nostre esistenze ed è un dono d’amore insostituibile che possiamo fare a noi stessi.