Ho deciso di scrivere questo post in seguito ad una lunga osservazione delle aspettative dei miei clienti di Reconnective Healing e Riconnessione. Non si tratta di una spiegazione introduttiva, per la quale devi cliccare qui. In rete si trova anche moltissimo altro materiale esplicativo, da articoli a video e consiglio ovviamente la lettura del primo libro di Eric Pearl, il fondatore di The Reconnection.
Un cliente arriva da me dopo aver selezionato, in tutto questo materiale a disposizione, le parti delle presentazioni che hanno colto di più la sua attenzione per motivi personali. Generalmente ha in mente precise svolte che desidera compiere nella sua vita, ad esempio spera in una guarigione fisica o in specifici cambiamenti pratici. Le persone partono con diversi bisogni, sogni e background di lavoro con l’energia. Potrebbero aver già ricevuto reiki, lavorato con il respiro o seguito una pratica di yoga che li ha già portati ad ascoltare il proprio corpo e le sottili modificazioni che si ottengono con una pratica. Si può essere totalmente digiuni di qualsiasi tipo di esperienza in merito alle “cure alternative”, oppure essere meditatori di lunga data, in ogni caso non è quello a determinare chi coglierà meglio i grandi o i piccoli effetti di questo tipo di approccio, perché in realtà a determinare il successo dell’esperienza non è nemmeno la sua intensità. In alcuni casi infatti, in maniera del tutto controintuitiva, l’intensità e perfino l’efficacia di una seduta può indurre un cliente a non tornare più, dopo aver dichiarato apertamente di essersi spaventato per la concretezza delle energie percepite. Ci sono anche i casi di chi non è in grado di cogliere alcun effetto. Ho assistito ad ogni genere di reazione, dalle più entusiastiche e trasformative a vere e proprie e delusioni, specie se il cliente era convinto che fare una seduta avrebbe fatto “succedere” qualcosa che desiderava o sbloccato una situazione specifica, come passare un esame o migliorare un rapporto (il che è anche accaduto in qualche caso, a onore del vero). Ho visto persone infelici perfino quando avevano ricevuto esattamente quanto credevano di dover ottenere da una sessione. Mi riferisco ad un’anziana cliente che migliorò un grave problema respiratorio dopo un solo incontro, non dovendo più andare in ospedale per un ricovero mensile. Fantastico penserà chi legge, ma l’anziana signora riceveva una grande attenzione durante quei ricoveri, ed essendo piuttosto sola, sentirsi meglio le aveva fatto perdere un grande vantaggio secondario della malattia. Ricevere considerazione.Arrivati a questo punto, dovrebbe essere già chiaro che la risposta alla domanda del titolo è tutt’altro che semplice e lineare.
Eric Pearl ha avuto modo di dire molte volte che una seduta ha successo se si ottiene qualcosa che si voleva, ma ne ha molto di più se accade qualcosa che non avremmo neanche saputo desiderare. Non sempre infatti abbiamo in mente il quadro più ampio della nostra vita e quello che crediamo sia il meglio per noi potrebbe non esserlo affatto. Inoltre quello che vogliamo o crediamo di volere è condizionato da moltissimi fattori. La situazione negativa di cui ci vogliamo liberare ci dona un vantaggio secondario come ad esempio non farci sentire soli? Siamo allenati ad essere presenti ai cambiamenti sottili nel nostro corpo e nella nostra mente? Riconosciamo un cambiamento positivo se non è esattamente come credevamo dovesse verificarsi? Siamo sicuri di riuscire a “reggere” la visione che la realtà sia infinitamente più espansa e molto diversa di quello che sembra e a cui ci hanno insegnato a credere? Le risposte sono molto meno scontate di quello che potrebbe sembrare e potremmo addirittura scoprire di non reagire, sentire o pensare come credevamo.
Faccio un esempio pratico. Una donna prenota una seduta in quanto ha una relazione amorosa che vuole portare avanti a tutti i costi anche se è distruttiva per lei, a tratti fisicamente pericolosa e non porta a nessuna progettualità. Riceve le frequenze, ha un’esperienza di alleggerimento e comprensione, dopodiché la relazione termina e l’uomo la lascia. Di fatto era esattamente ciò che era necessario, ma quella donna considererà l’accaduto positivo o no? la conclusione di una relazione tossica è considerabile una guarigione oppure no, se ci fa soffrire?
Una modella prenota un appuntamento per il Reconnective Healing in quanto non riesce più ad affamarsi fino ad entrare nelle taglie striminzite che sarebbero necessarie per il suo lavoro. La guarigione dovrebbe essere determinata dal fatto di riuscire nuovamente ad affamarsi? Oppure è nella comprensione che non vuole assecondare quelle richieste anche se significa cambiare vita?
Le frequenze di Reconnective Healing scelgono come lavorare. Si verifica una grande alchimia tra il facilitatore che è un catalizzatore, il cliente che è il ricevente e questa intelligenza interdimensionale che ha in sé uno spettro di informazione, e quindi conoscenza, che un punto di vista umano localizzato e molto parziale non può concedere.
Quando Eric Pearl nel 1993 ricevette le frequenze faceva il medico e il suo focus era ovviamente molto orientato al risultato, cioè le guarigioni fisiche. Molta della prima comunicazione sulla guarigione riconnettiva risente di questo orientamento e in alcuni casi diventa un forte ostacolo durante il processo profondo che esse mettono in moto. Sebbene ora le spiegazioni disponibili siano infinitamente più articolate, data la incredibile mole di osservazioni compiuta in venticinque anni dalla nascita di The Reconnection, oltre alla crescita nella comprensione del suo stesso fondatore, l’aspettativa di risultati specifici può diventare la pietra tombale di questa esperienza. Perfino davanti a intuizioni e comprensioni folgoranti, un cliente può negare che ci sia stato un qualsiasi effetto in quanto non corrisponde alle fantasie che si era fatto in precedenza. Scene tipo “durante la seduta ho capito una cosa capitata anni fa grazie ad una serie di intuizioni ed immagini, ora mi è tutto chiaro, ma questo lavoro non è servito a niente”, per quanto possano sembrare comiche sono totalmente da mettere in conto, tanto quanto clienti felici ed esterrefatti.
Arrivati a questo punto non ho ancora risposto alla domanda iniziale: cosa posso aspettarmi da una seduta di Reconnective Healing?
Prometto di arrivare alla risposta. Prima però ci servono altre domande chiarificatrici. Quanto sei disposto a mettere in discussione quello che sai? A sperimentare qualcosa che non conosci? A correggere la tua traiettoria se capisci che va cambiata anche radicalmente? A darti il tempo di crescere?
Una seduta di Reconnective Healing sarà come un abito sartoriale su misura, cucita esattamente sulle forme del ricevente e su quello che permetterà che accada. Non c’è niente che io come facilitatrice possa fare in proposito, per renderla più o meno intensa o indirizzarla come voglio e credetemi, mi piacerebbe. Da parte mia posso solo garantire assoluta attitudine professionale ed un lungo allenamento alla presenza. Le frequenze interagiranno con il cliente fin dove vorrà, ovvero fin dove le paure, le resistenze inconsce, i tempi personali di accettazione ed elaborazione faranno arrivare. Potrebbero verificarsi una moltitudine di fenomeni. Attivazioni spontanee, ricordi sepolti che affiorano, guarigioni fisiche, visioni, episodi di comprensione profonda di cose avvenute nel passato o di passi da compiere, potenti realizzazioni spirituali sulla natura della materia, del proprio corpo e sul funzionamento della coscienza. Esperienze dirette della propria natura cosmica, transdimensionale, oppure, semplicemente un grande rilassamento seguito da ore di sonno profondo come non se ne facevano dall’infanzia.
Qualunque sia il vissuto durante seduta sarà compito nostro non gettarlo via, non sminuirlo, dargli il giusto valore e non lasciarlo svanire. Sostanzialmente coltivare quell’apertura. Una porta si apre, poi sta a noi attraversarla.
A determinare il successo di una sessione di Reconnective Healing è la disponibilità al verificarsi di qualcosa di sconosciuto che allarga la comprensione e non ci lascia uscire come siamo entrati. Questo è quanto ci si può senz’altro aspettare.